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mercoledì 16 ottobre 2024

SORRIDENDO — il Blog di Nicola Belcari

Nicola Belcari

Ex prof. di Lettere e di Storia dell’arte, ex bibliotecario; ex giovane, ex sano come un pesce; dilettante di pittura e composizione artistica, giocatore di dama, con la passione per gli scacchi; amante della parola scritta

La corazzata Potëmkin

di Nicola Belcari - giovedì 21 ottobre 2021 ore 07:30

È ora di proclamare, con la solennità del caso, che La corazzata Potëmkin non “è una cagata pazzesca”. Il colpo di “genio” di Villaggio (o dei suoi suggeritori) ha prodotto danni.

Fantozzi, in veste di eroe, trova il coraggio di dire ciò che pensa davvero del film di Eisenstein, sfidando il capo-padrone, rivolgendosi a una platea di “umiliati e offesi”, consapevole di esporsi a prevedibili e terrificanti ritorsioni. La sopportazione dei colleghi-compagni di lavoro è stata messa a dura prova e si è oltrepassato il limite di servilismo e subalternità, così i dipendenti esplodono in un’acclamazione generale, in un urlo liberatorio di rivolta come quello di chi ha subito a lungo un’ingiustizia perpetrata fino alla dimensione più intima e personale. Trionfa la rivendicazione dell’incomprensione popolare di una cultura elitaria e sulla stupidità di una prevaricazione.

Il momento rappresenta e segnala bene la distanza tra gusto popolare e cultura; la cultura in una presentazione irricevibile per forma e modo, dovuta all’imposizione del cinefilo sciocco, ribadita dall’assurdità delle ricostruzioni e imitazioni a cui costringe i dipendenti.

La battuta è perfetta. E funziona, fino ad alcune interviste di Paolo Villaggio in cui l’attore-autore afferma di condividerla col suo personaggio con una sovrapposizione che sconcerta. È ironia? È una provocazione o parla sul serio? Il sospetto, il lasciar credere di far proprio un simile giudizio danneggia e getta una luce ambigua su un aspetto del fantozzismo. La spiegazione diventa un’autoaccusa involontaria di dubbia competenza cinematografica.

Il film è l’opera di un regista tra i più importanti della storia del cinema. Se Fantozzi-Villaggio non fosse stato in grado di apprezzarlo, ma stento a crederlo, sarebbe stato un problema suo e il discorso si chiuderebbe qui. Purtroppo molti avranno preso per buona la battuta del travet e si saranno sentiti rassicurati nella propria ignoranza e autorizzati a deridere il film.
In una di queste interviste alla tivvù Villaggio esorta gli stessi autori e protagonisti televisivi a non spacciare “m…”, inseguendo l’audience, come spesso accade, a suo dire, senza riflettere che poteva esserci una relazione sull’idea di gusto e della sua formazione: se non piace ciò che è buono, piace ciò che è cattivo.

In fondo il tema del film è l’insubordinazione e l’ammutinamento ed è proprio ciò che fanno Fantozzi e i dipendenti vessati: la coerenza del personaggio protagonista diviene una sottile contraddizione nell’idea del comico-attore. Non che non sia lecito criticare, e qualsiasi opera è criticabile, ma giudicare noioso il film magari perché muto e in bianco e nero, senza inquadrarlo nel suo periodo storico e nell’ambito dello sviluppo del linguaggio cinematografico e delle sue possibilità tecniche, è un errore; come è discutibile giudicare opere di epoche diverse e lontane nel tempo con lo stesso metro di valutazione.

Se Villaggio dichiara di aver infranto un dogma della “chiesa” comunista, va bene e così pure se esprime un giudizio estetico contro tendenza; vantarsi di aver ricevuto un’ovazione (seppure non i novantadue minuti di applausi degli esasperati succubi del fanatismo dirigenziale) per averla riproposta in un incontro col pubblico è invece non rendersi conto di svalutare la propria battuta, da lui medesimo definita (con un pizzico di esagerazione?) epocale, annullandone il senso vero e il pregio della denuncia di un pretenzioso intellettualismo. La battuta è straordinaria in quanto battuta, come dichiarazione seria e commento del film è ridicola; di un ridicolo che non fa ridere.

Ecco perché occorre dire: La corazzata Potëmkin è un grande film… sicuramente migliore di alcuni “Fantozzi” in cui s’è esaurita la saga.

Nicola Belcari

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