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Attualità martedì 22 gennaio 2019 ore 09:46

Burkina Faso, appello dello Shalom

Don Andrea Cristiani

Il Burkina ostaggio dei Jihadisti, l’impegno di Shalom per una rivoluzione culturale. Un “Dio mostro” che manda ad uccidere in suo nome non esiste



SAN MINIATO — “Ho trovato un paese fiero, ma fortemente scosso dal clima di instabilità dovuto ai jihadisti che stanno mettendo in crisi la convivenza di uno dei popoli più pacifici dell’Africa” - dichiara don Andrea Cristiani, fondatore di Shalom da poco rientrato dal Burkina Faso. “I progetti di Shalom – continua don Andrea – sono tutti in ottimo stato e la nostra presenza è palpabile e ha segnato profondamente la vita del paese”.

Si pensi che in 31 anni di presenza di Shalom nel paese africano sono oltre 20.000 i bambini che, attraverso le adozioni a distanza, hanno potuto crescere andare a scuola essere curati; migliaia i bambini, ragazzi e giovani che sono stati formati in tutte le scuole di ogni ordine e grado attive nel paese, dalle materne all’Università, dove stiamo cercando di formare una nuova classe dirigente del paese; non contiamo le case famiglia, gli orfanotrofi , le centinaia di pozzi realizzati… i 101 bambini burkinabé che hanno trovato una famiglia in Italia con le adozioni internazionali… insomma un’opera imponente anche se non sufficiente per garantire un pieno sviluppo a uno dei paesi più poveri del mondo, grande quanto l’Italia e con 18 milioni di abitanti.

“Siamo fortemente preoccupati- dichiara Luca Gemignani, direttore di Shalom - perché il Burkina era il paese della convivenza e della fraternità. E’ diventato purtroppo in alcune aree del nord e dell’est un territorio pericoloso e instabile dove ci sono all’ordine del giorno attentati, rappresaglie, rapimenti; non ultimo anche quello di un italiano, Luca Tacchetto e della sua compagna”.

Il clima di instabilità è cresciuto negli ultimi 8/10 anni, in coincidenza con la scoperta di grossi giacimenti di oro e altri minerali e il conseguente arrivo in zona di grosse aziende e multinazionali che si occupano di estrazione mineraria. “ Non abbiamo prove sicure, ma la coincidenza di questi due fenomeni- dichiara Vieri Martini presidente di Shalom - è a dir poco sospetta”

Come Shalom abbiamo alcune proposte concrete da sottoporre alla comunità internazionale:
1) Che si preveda una giusta ricaduta sul popolo dei lauti proventi delle miniere d'oro e di manganese

2) Garantire ai giovani sedotti dal fondamentalismo lavoro e istruzione

3) Intensificare il dialogo interreligioso informando che un “Dio mostro”, che manda ad uccidere in suo nome non c'è proprio, non esiste è una bestemmia.

4) Migliorare con gli strumenti che la tecnologia permette i servizi di intelligence per prevenire attentati e scorribande

5) Instaurare un severo controllo delle frontiere( soprattutto al nord e all’est) da cui provengono i reclutatori e i jihadisti. “Come mai – continua don Andrea – quando andiamo in burkina noi, i nostri passaporti vengono controllati molte volte e accuratamente con tanto di impronte digitali, mentre intere bande entrano e escono dal paese senza controllo?”. L'incursione di jihadisti stranieri, fa sospettare qualche complicità di una parte dell'esercito fuori controllo.

Il Movimento Shalom, da parte sua non intende abbandonare il paese, anzi è intenzionato a rafforzare la propria azione dando il primato alla formazione dei giovani. E’ necessaria una rivoluzione culturale ed educativa. In un paese dove più di ¾ della popolazione ha meno di 30 anni l’urgenza formativa è prioritaria e educare ai valori dei quali Shalom è portatore è fondamentale: la pace, la convivenza, il dialogo, la fraternità.

“ Facciamo un appello – conclude don Andrea - a tutti i nostri sostenitori, alle altre ong e associazioni che operano in Burkina, alle istituzioni regionali e nazionali, insomma a tutti coloro che credono che in un mondo globalizzato non possiamo occuparci solo del nostro orticello perché presto o tardi i problemi dell’africa verranno a bussarci alle nostre porte, cosa peraltro ormai palese. Allora mi sta bene aiutarli nei loro paesi, ma facciamolo davvero e invito soprattutto i governanti, senza polemica di carattere politico, a farlo DAVVERO, non a parole o nelle dichiarazioni televisive ma con impegni concreti, risorse, programmi, progetti. Noi Shalom ci siamo, uniamoci insieme “ 


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