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Attualità martedì 28 aprile 2015 ore 18:50

Una terza lapide che faccia definitiva chiarezza

Il punto di vista di Alberto Cioni, ex esponente locale di Pci, Ds e Pd. Autore tra l'altro di un libro su Falaschi, sindaco nel primo dopoguerra



SAN MINIATO — Fa ancora discutere la vicenda delle lapidi rimosse nei giorni scorsi con provvedimento del sindaco Gabbanini, al centro di aspre polemiche. Oggi c'è da registrare un intervento di Alberto Cioni. Ex esponente locale di Pci, Ds e Pd, da sempre attento alle vicende storiche che hanno caratterizzato la vita di questa parte del mondo nell'ultimo secolo, Cioni ha anche scritto un libro sulla vicenda umana e politica di Bruno Falaschi, antifascista, partigiano e sindaco di San Miniato nel primo dopoguerra.

Non ho affatto condiviso la decisione del sindaco Gabbanini di rimuovere dalla facciata del municipio le due lapidi sulla strage del Duomo, così come non avevo condiviso a suo tempo la decisione del sindaco Frosini di apporvi, nel 2008, la seconda lapide, a conclusione di un percorso revisionistico che, al di là, forse, delle intenzioni di qualcuno (ma non di tutti) aveva portato a nascondere dietro più o meno probabili traiettorie balistiche, le reali responsabilità di quella grave tragedia.

L'unica verità che nessuna ricostruzione postuma è infatti riuscita a confutare riguarda il fatto che se quanti avevano trovato rifugio nei tanti sicuri rifugi di San Miniato non fossero stati costretti, con la forza, dai nazisti a concentrarsi, nell'imminenza di una pericolosa battaglia di artiglieria, nel luogo più esposto della città, l'esplosione che avvenne in Duomo intorno alle ore 10 del 22 luglio 1944, ancorché provocata dalla supposta cannonata americana, avrebbe al massimo ammazzato solo qualche piccione.

Questo è il punto fermo ed inoppugnabile che il balletto di lapidi degli ultimi anni ha rischiato e rischia di oscurare. E questo è quello che a mio modestissimo parere occorre invece riaffermare con forza se si vuole farla finita con vecchie e nuove polemiche, tutte più o meno pretestuose.

Per far questo può allora essere davvero utile una terza lapide che sostituisca le precedenti, purché non si limiti a un mero e neutro elenco di nomi, ma contenga ad esempio, una frase del tipo: “Il 22 luglio 1944, nel Duomo di questa città, dove i militari nazisti avevano sciaguratamente concentrato con la forza, strappandoli dai ben più sicuri rifugi che li ospitavano, decine e decine di uomini, donne e bambini, a causa dell'esplosione di un ordigno la cui provenienza non è mai stata definitivamente accertata, trovarono la morte ... [a seguire l'elenco delle vittime]”.


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