Il caffè della moka
di Dario Dal Canto - giovedì 23 gennaio 2025 ore 07:00

ll caffè della moka mi era sempre piaciuto poco, come fosse di minor valore. Vuoi mettere le macchinette con le cialde: son pronte in un attimo, producono la quantità giusta, tutto automatico, senza sforzi. No stress, come dicono quelli “fighi”. Anche l’aroma è studiato e inserito nella cialda per una corretta degustazione. Tutto preciso, pulito. Regolare.
È un divertimento, un vero e proprio piacere… Però da un po’ di tempo, sarà perché quando mi guardo allo specchio con le luci (troppo) chiare che ci sono nel bagno inizio a vedere un po’ di barba bianca che sbrilluccica, o anche perché mi sono reso conto che il tempo è la migliore unità di misura della felicità, faccio più caso ai momenti. Sai quando stai vivendo qualcosa che percepisci di volerlo ricordare e invece di preoccuparti di fare una foto cerchi di godertelo, di viverlo davvero, magari con quel mezzo sorrisino compiaciuto. Viverlo davvero per imprimerlo nella mente, che per i mezzi sognatori che vanno spesso in direzione un po’ ostinata e contraria, rimane il miglior hard disk su cui registrare i ricordi.
Alla luce di queste un po’ “salmoniche1” considerazioni ho, dunque, rivalutato la moka. Sulla qualità qualità del caffè ovviamente non discuto, ma ne rivendico il fascino come momento di condivisione. La magia si crea da sola: sei a casa, in due, e decidi di prendere un caffè, desiderio legato alla voglia di gustare la bevanda, ma ancor di più per la scusa di riempire un momento. Di fare qualcosa con cura. Prepari caldaia (così mi dicono si chiami la parte inferiore) versando l’acqua e stando ben attento a non andare oltre la valvola, poi il filtro da riempire con la polvere. Delicatamente, dosandolo col cucchiaino e inebriandoti del profumo di caffè macinato, come un dolce preludio alla bevanda. Il corretto riempimento del filtro potrebbe essere annoverato di diritto tra gli argomenti più dibattuti nelle cucine italiane.
Ognuno ha il suo modo: la cupoletta oppure raso, a cono, a tronco di piramide…insomma un manuale di geometria dei solidi di rivoluzione. Per non parlare della giusta pressione da dare alla polvere: “Pressa di più, così non sa di nulla!”, “Troppo poi non passa e ne viene poco e forte che a me non piace!!!” E intanto si va avanti con un piacevole bisticcio, fatto di complicità e sguardi. “L’hai stretta bene? Rischia di esplodere!” “Il fuoco più basso e lo alzi alla fine.” “No dai, va bene anche così. “Appena inizia ad uscire lo spegniamo.”
Insomma un dibattito interminabile. Ma come tutte le cose belle e semplici, la loro costruzione risiede nei dettagli e ancor di più nell’amore con cui si sono curati. E alla fine eccolo…prima il profumo poi il borbottio. O al contrario. Non importa. Un connubio inconfondibile che evoca ricordi, emozioni, casa. La colazione prima di andare a scuola, la cucina dell’appartamento in comune con altri studenti. Le lunghe serate di studio con il profumo di caffè per darti tono, farti compagnia e anche un po’ di coraggio. Il sapore del caffè alla fine diventa poco importante, tutto è spostato sul momento, perché alla fine si vive di questo: momenti ed emozioni.
Note: 1. L’aggettivo “Salmonico” deriva dalla ben nota attitudine dei Salmoni di risalire la corrente per andare a deporre le uova in acque ben ossigenate e molto dolci per garantire buone condizioni di vita alla prole.
Dario Dal Canto