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Cronaca mercoledì 23 marzo 2016 ore 12:00

Condannati i rapinatori che inneggiavano a Riina

Lo scorso aprile avevano colpito l’azienda vivaistica “La Verde Oasi” di Santa Maria a Monte e alla sala slot “Terry Bell” di Perignano



SANTA MARIA A MONTE — Sono arrivate le prime condanne per i componenti di una banda criminale specializzata in assalti a mano armata ai danni di sale slot ed esercizi commerciali.

L’indagine, diretta dal Pubblico Ministero della Procura di Pisa Giancarlo Dominijanni e condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo pisano, riguarda le rapine commesse il 13 e 14 aprile scorsi compiute da una banda di malviventi ai danni dell’azienda vivaistica La Verde Oasi di Santa Maria a Monte (bottino di 150 euro) e la sala slot Terry Bell di Perignano di Lari (bottino di circa 6mila euro).

I responsabili sarebbero il 21enne Giovanni Pennacchio, il 27enne Salvatore Cilino e il 26enne Emanuele Mauceri. Al primo il giudice ha dato sei anni di reclusione, una multa da 1400 euro con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici; al secondo, quattro anni più una multa di 1200 euro oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare; il terzo imputato, invece, ha scelto il rito ordinario in corso di celebrazione.

Drammatiche le sequenze raccontate dalle vittime delle rapine: nella sala da gioco “Terry Bell” di Perignano, era la stata la giovane dipendente a vedersi puntata la pistola e costretta a consegnare l’incasso, mentre nell’azienda vivaistica “la Verde Oasi” di Montecalvoli era stata la proprietaria ad essere minacciata di morte con la pistola puntata alla testa per l’esiguità dell’incasso.

I colpi erano studiati nei minimi dettagli, curando tutte la fasi: dal sopralluogo, effettuato entro i due giorni precedenti il colpo, con un mezzo “pulito”, attraverso il quale si verificavano le vie d’accesso e le fasce orarie ritenute più idonee ad evitare le criticità del traffico; alla fase “operativa”, effettuata mediante l’approntamento delle armi, che venivano consegnate solo pochi attimi prima del compimento dell’azione, l’irruzione nell’esercizio pistole in pugno, la predisposizione di luoghi ove cambiarsi l’abbigliamento per eludere le ricerche o i controlli delle forze dell'ordine.

I dettagli così raccolti venivano poi diramati tra i correi, con linguaggio criptico, nella chat del videogioco di guerra Black Ops, che ha dato il nome all’indagine, prodotto per le console Playstation Sony e Xbox Microsoft, cui erano dediti i tre arrestati prima di compiere le rapine.

L’idolo degli arrestati era il boss Totò Riina ed erano soliti salutarsi in chat con l’intercalare chi tradisce è un infame, postando anche la foto del “capo dei capi”.

Rocambolesca fu la cattura del ricercato Cilino, avvenuta anche con la cooperazione delle polizia belga e francese, localizzato grazie alle intercettazioni delle utenze internazionali in uso ai suoi fiancheggiatori: dalle indagini era emerso che il giovane, dopo la rapina alla sala slot, nonostante la misura di prevenzione cui era sottoposto, riparava in Belgio prima di raggiungere la Francia negli ultimi giorni della sua latitanza per la pressante attività di ricerca nei luoghi in cui il catturando aveva trovato rifugio. L’epilogo dopo un pedinamento per le vie della città di Bordeaux con il latitante alla guida di un veicolo munito di targhe.


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