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"Il nostro valore è quello dei distretti conciari"

Il presidente di Concerie Italiane fa il punto all'assemblea annuale, puntando su tre capisaldi: prudenza sul Covid, eccellenza e modello distrettuale

Il presidente di Unic - Concerie Italiane Fabrizio Nuti

Da Milano il segnale verso il Comprensorio del cuoio. L'assemblea annuale di Unic - Concerie italiane, la più importante associazione mondiale del settore conciario aderente a Confindustria e Confindustria Moda che rappresenta circa 1200 aziende, più di 17mila addetti e che indirizza il 75% della sua produzione all'estero, ha fatto il punto sul settore, puntando su tre capisaldi: prudenza, promozione dell'eccellenza italiana e valore del modello distrettuale.

“L’emergenza sanitaria ancora in corso ci induce alla massima prudenza - ha detto Fabrizio Nuti, presidente Unic - ci siamo lasciati a fine 2019 con qualche indicatore in flessione. Tra febbraio e marzo dello scorso anno, la pandemia ci ha colpito in maniera violenta e del tutto inattesa. Così, alla fine del 2020, abbiamo registrato cali consistenti in termini di fatturato (-23%), produzione (-16%) ed export (-25%)”.

"Quest'anno, invece, Poi, si è caratterizzato per difficoltà di approvvigionamento e l’aumento delle pelli e dei prodotti chimici, dei costi energetici, che stanno spingendo l’inflazione - ha continuato - è un contesto congiunturale particolarmente complesso, nel quale è essenziale non registrare perdite di marginalità a fine anno e che esprime un fatturato al +23%, export +25% e produzione +13%, con rialzi diffusi in tutti i principali comprensori e su quasi tutti i segmenti produttivi per tipologia animale e destinazione d’uso".

“È importante far sapere a tutti che ciò che è stato fatto in Italia in termini di investimenti alla ricerca di una sostenibilità completamente circolare non è stato fatto in nessun altra parte del mondo - ha proseguito Nuti - la presenza di realtà all’estero meno attente ai problemi sociali, di sicurezza e ambientali, però, finisce col danneggiare l’immagine dell’intero comparto”.

“Inoltre, la richiesta di nuove e sempre più valide pretese di sostenibilità da parte della moda o del design finisce per alimentare un marketing spregiudicato e gonfiare una spropositata attenzione mediatica, con riferimento a tutti i materiali innovativi, bio-based o come meglio preferiscono raccontarsi che sono in aperta concorrenza con la pelle - ha specificato - c’è certamente spazio nel consumo per scelte diversificate e l’industria conciaria non ha alcun tipo di problema a mettersi in competizione. Ma è innegabile che questi competitor conquistino spazi maggiori sui media, fondando la loro strategia sulla denigrazione costante della concia, della pelle e sull’assunto di una presunta superiorità in termini di sostenibilità e prestazioni"

La matrice vincente della conceria italiana, da difendere e valorizzare, è secondo Nuti quella distrettuale. “La nostra realtà produttiva basa da sempre il suo valore su un sistema territoriale che la alimenta e ne viene a sua volta alimentato. Non possiamo non riconoscere che lo sviluppo e il successo di noi piccole e medie imprese lo dobbiamo ai distretti e al loro sistematizzare un modello che rimane unico al mondo, quello della concia italiana - ha spiegato - sono stati un luogo strategico per lo sviluppo delle politiche ambientali: abbiamo innovato prodotti e processi, risparmi di energia, di materie prime, riduzione di scarti e rifiuti e loro riciclo”.

Dobbiamo valorizzare ciò che esiste e mettere insieme le competenze di ciascuno, promuovere il miglioramento e il dialogo con le istituzioni verso scelte che vadano verso la transizione ecologica - ha concluso Nuti - proponendo e stimolando percorsi di formazione e informazione”.