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Contraffazione olio: "Non è colpa dei ristoratori"

Si ribellano i ristoratori pisani alla nuova normativa. Confcommercio: "Aumentano i costi e per noi diventa ancora più difficile lavorare"

“Salva olio un bel niente. Non è colpa dei ristoratori se si scrivono libri verità o il New York Time pubblica vignette denuncia contro la sofisticazione dell'olio d'oliva made in Italy". Con queste parole Daniela Petraglia, presidente di Confristoranti ConfcommercioPisa, esprime il suo dissenso verso la normativa entrata in vigore dal 25 novembre, per cui  bar, ristoranti, pizzerie, pubblici esercizi in generale, sono obbligati a servire l'olio extravergine di oliva in contenitori dotati di tappo anti-rabbocco.

E' forte il sentimento di contrarietà della Petraglia, ristoratrice da molti anni: “Non siamo malfattori, ma persone oneste, imprenditori coscienziosi, impegnati ad offrire sempre il massimo ai nostri clienti. I clienti sono sempre più consapevoli di ciò che consumano, ma la cosa più grave è che si finisce di compromettere il rapporto fiduciario tra cliente e ristoratore con un sospetto che non ha ragione di essere. Inoltre, noi ristoratori rappresentiamo un terminale importante per le produzioni agro alimentari e per l'olio extra vergine. Spendiamo all'anno in media qualcosa come 4mila euro per l'olio extravergine destinato alla sala. A causa di questa nuova norma, saremo costretti a sostenere costi aggiuntivi ma si assisterà ad un effetto boomerang ai danni degli stessi produttori di olio di qualità, soprattutto di piccole dimensioni, che finiranno per essere messi fuori mercato. Il “salva olio” finirà per essere un affonda olio”.

Una decisione che Enrico Guardati, presidente di Fipe ConfcommercioPisa considera insensata: “Norma inefficace e draconiana, che impone alla categoria dei pubblici esercizi ancora nuovi obblighi e prescrizioni sempre più costose, senza portare nei fatti alcun beneficio ai consumatori. Così ci tagliano le gambe, mancando poi una specifica omologazione di questi dispositivi anti-rabbocco, le imprese del settore saranno esposte al rischio di sanzioni che possono arrivare fino a 8mila euro”. 

C'è un senso di esasperazione nelle parole del presidente della Fipe: “Fa paura e ci indigna la demagogia di simili imposizioni, quando è un dato incontrovertibile che i pubblici esercizi sono la categoria sottoposta in assoluto ai maggiori controlli da parte delle autorità di vigilanza. Nonostante i proclami, si continua a fare veramente di tutto per rendere impossibile la vita alle nostre piccole imprese, le vere vittime di un sistema squallido di speculazione messo in pratica da produttori e imbottigliatori senza scrupoli”.