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Attualità lunedì 10 novembre 2014 ore 13:15

Il saluto della Diocesi a Fausto Tardelli

Dopo dieci anni il vescovo lascia San Miniato per dirigere un altra diocesi. In tanti ieri si sono recati in Duomo per salutarlo e ringraziarlo



SAN MINIATO — Domenica, 9 novembre, la diocesi si è stretta attorno al Vescovo Fausto in un grosso abbraccio per un ultimo saluto al suo Pastore che per oltre dieci anni l’ha guidata con amore premura e saggezza. Oltre ai sacerdoti, diaconi, seminaristi religiosi e religiose e alle autorità civili e militari, era presente una grande folla di persone che non volevano mancare a questo appuntamento per dimostrare il proprio affetto a Mons. Tardelli ed essergli vicino in questo momento di passaggio.

All’inizio della celebrazione si sono seguiti gli indirizzi di saluto del Vicario Generale Mons. Morello Morelli, del Sindaco di San Miniato, Vittorio Gabbanini, che ha parlato a nome di tutti i sindaci della Diocesi e il Segretario del Consiglio Pastorale Diocesano, Riccardo Ceccatelli (leggi). Tutti si sono sentiti in dovere di ringraziare il Vescovo, toccando diversi aspetti del suo ministero episcopale in mezzo a noi. Il Vescovo, a sua volta, nella toccante omelia ha detto di essere lui stesso a dover ringraziare noi per primo per l’affetto sincero e filiale che gli abbiamo sempre dimostrato e a chiedere perdono per tutte le sue eventuali mancanze o inadempienze nei nostri confronti.

Al termine della celebrazione ha voluto prender la parola anche il sig. Chelli che a nome dei cittadini di San Miniato ha desiderato esprimere un cordiale e sentito saluto al Vescovo.

Al termine della celebrazione è stato donato al Vescovo un calice con inciso il suo stemma episcopale e i Santi Genesio e Miniato, patroni della nostra Diocesi, in ricordo di questi anni di episcopato nella Chiesa di San Miniato che oggi sono stati consegnati alla storia.

Al termine il Vescovo in ricordo ha consegnato un santino con l’effige della Madonna di Cigoli, la Madre dei Bimbi, a lui particolarmente cara.

Il Vescovo Fausto Tardelli ha scritto una lettera di Saluto per i suoi fedeli. Ecco il testo

Mi riesce molto difficile parlare questa sera. Spero di farcela senza che il nodo alla gola me lo impedisca. S’invecchia e forse il cuore fa più fatica, così la commozione arriva più facilmente. Mi scuserete.

In questi giorni, da quando è stata comunicata la mia nomina a Vescovo di Pistoia, cessando così di essere il Vescovo di San Miniato, ho provato una strana sensazione. Una sensazione mista di dolore, nostalgia, impotenza, ma anche di consapevolezza di un cammino che continua e deve continuare pur se su altre strade. Era una sensazione che avevo già provato. Era dentro di me, ma lì per lì non riuscivo a capire da quale parte dell'animo mi venisse fuori. Non mi era nuova, veniva da lontano.

Poi a un certo punto, l'ho capito. Era qualcosa di molto simile a ciò che provai quando morì mio padre, 23 anni fa. La sensazione cioè di un distacco definitivo da una persona molto amata. Qualcosa mai provato prima e che in certa misura ho riprovato proprio in questi giorni, al pensiero di lasciarvi, di distaccarmi da voi, dall’amata Chiesa di San Miniato. Allora, la sofferenza più grande che provai fu quella di non poter più dire a mio padre quello che avrei voluto ancora dirgli, di non poter affrontare con lui tante questioni che erano rimaste in sospeso, tante cose della vita che mi pareva avessi ancora bisogno di sentire da lui. Percepii però nello stesso tempo che dovevo raccogliere in silenzio il dono ricevuto nella sua persona e dovevo andare avanti. Così ora provo una sensazione simile per le tante cose che avrei ancora avuto voglia di dirvi, per i tanti progetti che ancora attendevano impegno, per le tante persone a cui avrei voluto arrivare, che avrei voluto incontrare, conoscere, servire, come per i ritardi che avrei voluto recuperare, gli errori a cui avrei voluto rimediare.

Ma il tempo del mio servizio episcopale in mezzo a voi è terminato. Nel bene e nel male, esso rimane ormai consegnato alla storia di questa santa chiesa di San Miniato e fissato nella memoria di voi che avete camminato con me per questi dieci anni. Quello che potevo fare, o l’ho fatto o non posso più farlo, se non attraverso la preghiera e la penitenza. Dio ha ritenuto che il mio tempo a San Miniato fosse concluso, checché ne potessi pensare io e ha ritenuto che la mia vita dovesse continuare a spendersi altrove. Lui sa il perché. Sia fatta la sua volontà. Nella sua volontà è la nostra pace e su questa convinzione oggi vi saluto con tanto amore e mi apro alla nuova missione che mi è stata affidata. Tutto alla fine è nelle mani di Dio e sono mani che abbracciano e sorreggono. A Lui e a voi chiedo perdono per le mie inadempienze, per le mie cecità, per i miei molti peccati che hanno ostacolato il cammino della Parola di Dio in mezzo a voi.

Questa sera voglio però dirvi anche un grazie grande, dal profondo del cuore. Sono venuto a voi fresco di consacrazione episcopale. Assolutamente nuovo a un ministero che non si può capire se non vivendolo. Voi, attraverso la vostra speranza, la vostra fede, il vostro amore, la vostra pazienza; attraverso la vita delle vostre comunità; anche attraverso i mille problemi che si sono dovuti affrontare ogni giorno, mi avete aiutato non tanto a fare il vescovo, quanto piuttosto ad esserlo almeno un po’, a imitazione di Gesù Buon Pastore.

Oggi me ne vado da S. Miniato più ricco di esperienza e del tanto affetto ricevuto a piene mani. Me ne vado con sofferenza. Non lo posso negare. Non me ne vogliano i Pistoiesi. Me ne vado però più maturo, più consapevole. Non dico migliore, forse è troppo, ma più consapevole si e ancor più convinto che il Signore scrive pagine di bellezza mirabile nel cuore delle persone, perché Egli è all'opera, sempre all'opera. E questa gioiosa consapevolezza la devo a voi che siete stati lo strumento della misericordia di Dio per me. Per cui, davvero grazie infinite.

Carissimi, ho voluto che la seconda lettura di questa domenica in cui si celebra la Dedicazione della basilica lateranense, fosse presa dal libro degli atti degli apostoli, laddove si parla dell'addio di San Paolo alla chiesa e ai presbiteri di Efeso. Quelle cose San Paolo le poteva dire. Io un po' meno. Ma in quel racconto ho ritrovato comunque qualcosa di quello che sto vivendo in questo momento, di ciò che stiamo vivendo insieme. Pure del dolore che proviamo. Stasera anch'io come San Paolo affido voi presbiteri e tutta la chiesa di San Miniato al Signore, alla sua Parola viva ed efficace.

Le altre letture di oggi ci parlano della Chiesa. Tema quanto mai appropriato in questo momento. Dobbiamo esser grati al Signore di averci chiamato a far parte del suo Corpo, per essere Lui presente nel mondo. Per questo ci ha scelti. Dalla Chiesa, dai santi segni sacramentali, dalla testimonianza di santità di tutti noi, scaturisce l'acqua per il mondo. L'acqua che esce dal tempio di Gerusalemme e che dove arriva risana e salva. Non siamo certo noi la fonte di quest’acqua. E' Gesù il tempio vivo dal cui fianco, dal cui costato trapassato dalla lancia, defluisce l'acqua della salvezza, l'acqua del suo amore, l'acqua dello Spirito Santo che rinnova la faccia della terra. Ma noi siamo stati associati a Lui. Non per nostro merito, ma per sua scelta. E noi quindi siamo chiamati a farci canali di questa acqua di salvezza di cui hanno bisogno gli uomini. Più saremo uniti a Cristo, più saremo una cosa sola con lui personalmente e comunitariamente, più l'acqua della salvezza passerà e raggiungerà i deserti dell'umanità, irrigando e risanando. Un pensiero questo che mi è molto caro e che lascio a voi come in eredità.

Ed ecco allora che giunge quanto mai opportuno anche il richiamo contenuto nel brano evangelico che abbiamo ascoltato. Gesù, tempio vivo di Dio, esige dalla sua sposa la chiesa, cioè da tutti noi, che non ci dedichiamo ai nostri interessi, ai nostri intrallazzi. Che li abbandoniamo, piuttosto. Il gesto forte di Gesù nei confronti dei venditori dentro il tempio, le sue parole dure, sono un richiamo esigente, perché sappiamo lasciarci purificare dal suo amore, perché camminiamo per davvero in un cammino di sincera conversione, perché non facciamo della chiesa un luogo e un modo per fare i nostri affari, cercare il nostro posto di gloria, affermare il nostro potere, compensare le nostre insoddisfazioni o le nostre immaturità. Dobbiamo saper accettare di buon grado il cammino della conversione personale e comunitaria, ogni giorno. Si tratta di un cammino che andrà avanti sino alla fine del mondo. C’è infatti sempre qualche venditore da buttar fuori dalla nostra anima! C’è sempre qualche mercanzia che profana la nostra coscienza! C’è sempre qualcosa da cacciar via dalle nostre comunità, qualcosa che ha bisogno di purificazione nella nostra vita personale e anche nella chiesa di San Miniato!

E nella prospettiva della conversione, come invito ad essa, come occasione per essa, dobbiamo saper vedere anche le situazioni che il Signore ci fa incontrare nella vita: per me adesso il trasferimento a Pistoia; per voi l’attesa di un nuovo vescovo.

Carissimi fratelli ed amici, preghiamo insieme questa sera ancora una volta. Il Vescovo e la Chiesa affidatagli dal Signore dieci anni fa. Vescovo e popolo insieme, uniti attorno alla mensa del Signore in questa bella Cattedrale, per l’ultima volta. Preghiamo per essere, come abbiamo detto nell’orazione colletta, edificio santo del Signore, fatto di pietre vive e scelte, segno nel tempo della Gerusalemme del cielo.


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