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Cronaca lunedì 06 luglio 2020 ore 09:32

Muore il tabaccaio del paese

Alfredo Spagli aveva 87 anni ed era conosciuto e stimato da tutti. I funerali sono in programma questa mattina. Il ricordo di Pardossi



CASTELFRANCO DI SOTTO — E' morto a 87 anni Alfredo Spagli, anima del commercio a Castelfranco di Sotto. Ha lavorato nel dopoguerra al Caffè del Popolo e poi nella tabaccheria di fronte alla piazza del Comune.

Il funerale di Spagli, che lascia la moglie e due figli, sono in programma questa mattina alle 10 nella chiesa Collegiata.

Un bel ricordo di Spagli lo ha tracciato l'esponente Pd Cristian Pardossi, che sul suo profilo Fb ha scritto:

"Se n'è andato Alfredo Spagli, per tutti il tabaccaio.

L'ho conosciuto che ero un bambino - abitavo a due passi dal negozio - quando mia nonna andava a giocare i numeri del Lotto e mi portava con sé.
Il negozio dello Spagli era su un angolo del "crocicchio", luogo per eccellenza di incontri, capannelli, discussioni e commenti, dalla politica allo sport passando per le vicende paesane. La sua posizione prospiciente la piazza principale (intitolata al cognato di Alfredo, fucilato giovanissimo dai fascisti perché renitente alla leva repubblichina) ne faceva insieme al Municipio e alla Chiesa il terzo edificio "istituzionale" di Castelfranco (il quarto, di qualche metro più lontano, era forse il bar Gini, altro luogo di giunte, maggioranze e consigli comunali extra ordinem).
Entravi dentro e c'era un profumo buono, misto, che non saprei descrivere, forse era il profumo di qualche tabacco, non ho mai capito. E poi c'era quel rumorino della macchinetta che elaborava le schedine del Totocalcio.
D'estate mentre si giocava per strada qualche adulto ci mandava dallo Spagli a comprare le sigarette (altri tempi); i miei mi ci mandavano a comprare e spedire lettere: compravi busta e francobollo, ti mettevi nell'angolino e compilavi il tutto prima di imbucarla. Quando ci andavo con mia nonna Marina uscivo sempre con qualche pupazzetto di gomma o pacchetto di figurine. Lui era lì, dietro il banco, alto e serio, a volte seduto su uno sgabello, con quell'aria che allora mi incuteva un certo timore.
Lo avrei ritrovato e conosciuto meglio più tardi, nella mia adolescenza e soprattutto durante i miei venti anni, scoprendone la comune passione civica. Fu allora che ebbi modo di apprezzare quel suo modo asciutto fatto di pause, silenzi e osservazioni argute, che in qualche modo sembrava la traduzione caratteriale della sua conformazione fisica. Si completava in questo senso con la moglie Elena, una signora sempre elegante, appassionata e più loquace di lui.

Con lui se ne va un altro pezzo di una storia che è in continuo divenire, che siamo tentati di rimpiangere spesso per un atteggiamento dovuto al tempo che passa. 

Alfredo ha avuto la fortuna e il merito di lasciare un ricordo collettivo che gli sopravviverà e rimarrà fissato per molto altro tempo nelle facciate del centro, nelle insegne, nelle lastre di cui sono fatte le sue strade, come altri paesani prima di lui che non ho conosciuto ma di cui ho sentito parlare, e come avverrà - ne sono certo - in futuro con nuovi paesani. È il bello di sentirsi parte di una collettività. E forse più della nostalgia (o insieme alla parte migliore di essa) è questo il compito che in questi casi chi se ne va ci lascia in eredità: quello di saper cambiare senza perdere quella dimensione collettiva che è autentica ricchezza.

A Elena, ai figli (con cui ho condiviso momenti diversi di impegno e di lavoro, a partire da Sandro che era tra coloro che guidavano la campagna elettorale del 2004) ai nipoti e a tutti i familiari le mie più sentite condoglianze. Ciao Alfredo, che la terra ti sia lieve."


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